GIAPPONE 2018 - ASD Samurai Roma

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GIAPPONE 2018

SAMURAI IN VIAGGIO
GIAPPONE 19-30 OTTOBRE 2018

La “ASD Samurai Roma” è  ormai diventata un punto di riferimento non solo per  la diffusione del karate sportivo e tradizionale  ma anche per la ricerca e pratica  della cultura giapponese (non è casuale infatti che le lezioni vengono fatte sempre sotto gli stimoli di una terminologia e di una forma tradizionale  compresi i momenti di meditazione “mokuso”  che accompagnano la fine di ogni lezione).
Da alcuni anni infatti  la Samurai Roma promuove viaggi in Giappone per approfondire sempre di più il bagaglio tecnico e culturale di tutti i suoi partecipanti.
Dopo le esperienze formative del 2015 e del 2017 un nuovo viaggio è stato fatto ad ottobre 2018.
Impegni già presi e difficoltà dell’ultimo momento hanno visto unico partecipante il sottoscritto; Maurizio il “vecchio” del gruppo Master
Questo è il mio diario di viaggio...
Dopo le precedenti esperienze nel 2015 e 2017 decisi di tornare in Giappone per la terza volta (ottobre 2018) attratto da una cultura antica che ondeggia tra silenzi e frastuoni dai mille colori e dove tutto è scandito da rituali millenari.
Non solo, partivo soprattutto per andare ancora una volta alla ricerca del senso più profondo di un karate che purtroppo oggi sta cedendo il passo solo a forme sportive, dimenticando le sue radici millenarie che affondano nella terra della Grande Cina
19 ottobre 2018, tutto è pronto per la partenza. Io e il mio bagaglio con dentro il karategi (a proposito di cultura giapponese, si pronuncia karateghi no karategi) e la mia cintura nera.
Parto solo ma carico di entusiasmo ed energia tanto da nascondere i mIei vari capelli bianchi e il mio imminente compleanno. Compleanno che avrei festeggiato 4 giorni dopo la partenza mentre sarei stato in volo da Tokyo a Naha Okinawa.
Un compleanno festeggiato in cielo come forse dal cielo più alto mi arrivava quello stupendo regalo.
Arrivare a Tokyo è sempre emozionante. Mi sento a casa. I suoni, le luci ed i sapori iniziano subito ad entrarmi nella pelle. Tutto mi appare normale, tutto si addice a me. Dopo un viaggio di 14 ore tra aereo e treno arrivo in hotel, semplice ma funzionale, il tempo di una doccia e via per il mio primo impegno di karate con il M° Kazutaka Otsuka. Ero già stato nel Hombu Dojo della famiglia Otsuka tre anni prima insieme al mio amico e maestro Tiziano e al mio amico Giorgio, ma contrariamente a quanto pensassi non ricordavo più la strada. Fortunatamente la gentilezza ed ospitalità del popolo giapponese mi ha aiutato e così senza ritardi ho varcato ancora una volta la soglia di quel dojo ammirato in tutto il mondo.
Ci sono dei simpatici episodi avvenuti in quel dojo quando andammo per la prima volta nel 2015. L’entrata nel dojo con tutte le scarpe con l’indignazione dei presenti, l’involontario “spogliarello” avvenuto davanti gli occhi avviliti dei presenti nonché il mitico “gorillone”, ossia un partecipante alla lezione dall’aspetto di Ulk…Più che un armadio una porta blindata di 2 metri, che il nostro Maestro Tiziano fronteggiò da vero Samurai!!!
Ebbene tutti questi avvenimenti mi sono tornati in mente nel preciso istante in cui ora ero tornato. Stavolta nessun errore nel togliere le scarpe e nessuno spogliarello inopportuno ma un elegante cambio di vestiti nel piccolo spogliatoio. Nessuna traccia del “gorillone” ma questa volta ho trovato un australiano tipo Bud Spencer di nome Marco… andate su you tube!!  Unica cosa positiva nel fronteggiare l’australiano è stato il fatto di capire a cosa serve il movimento di tallone! con il quale eseguiamo gli ultimi due spostamenti del Pinan Yon dan.
A parte questo ho scambiato con il Sensei Katzutaka alcune parole ricordando alcuni amici in comune come il M° Fernando Palladino ed un mio amico d’infanzia che per vari anni frequentò quel dojo quando era ancora in vita Jiro Otsuka, figlio di Hironori.
Terminato il piacevole colloquio è iniziata la lezione. Una lezione molto tecnica dove ho appreso e ripassato alcuni concetti fondamentali dello stile Wado Ryu, allenato alcuni kata e, soprattutto, vista la giusta applicazione di un paio di kihon kumite che nel wado della Scuola Wado Renmei sono considerati il cuore dell’allenamento. Mi ha colpito soprattutto il modo di sbilanciare l’avversario tramite il sapiente uso dello shuto applicato sulla spalla dell’avversario durante l’esecuzione di molti dei 36 Kata Kumite. Infine, come consuetudine, del Sensei Kazutaka abbiamo svolto un lavoro di mobilizzazione dell’anca alla base di qualunque tecnica.
La lezione è finita ricevendo l’onore di scattare una foto vicino al Sensei, oggi caposcuola di uno stile di combattimento fondato dal grande Maestro Hironori Otsuka. Rientro in albergo stanchissimo ma pieno di felicità.
I due giorni successivi li ho dedicati a curiosare per la città, immensa e altalenante tra grattacieli e locande dall’aria antica. Una visita al Parco di Ueno mi ha fatto scoprire al suo interno un giardino zen spettacolare dove piante millenarie e rocce si fondono in un’unica armonia di forme e colori e fanno da guardiani a diversi laghetti dove si riflettono le emozioni di tutto il mio viaggio.
Altra esperienza storica culturale è stata la visita al tempio dove ci sono le reliquie dei 47 Ronin, famosi nella storia dei Samurai del periodo Edo.
La mattima del 25 ottobre è stata la volta di Naha nell’isola di Okinawa. La destinazione era stata programmata per partecipare a ben 3 eventi. I 100 kata Challenger, una lezione con il Sensei Onaga Yoshimitsu ed il Karate day.
Già prima dell’estate ero venuto a conoscenza dell’evento chiamato 100 kata Challenger, che consiste nell’eseguire 100 volte consecutivamente lo stesso kata. E’ una prova impegnativa che non tutti riescono a portare a termine. Io mi ero messo in testa di volerlo fare.
Cosi la mattina del 25 ottobre mi sono presentato all’appuntamento. Tempio sulla spiaggia di Nominue. Il mare azzurro di Okinawa a fare da spettatore. E’ stato bellissimo arrivare e trovare karateka provenienti da tutto il mondo, Giappone, Inghilterra, Germania, Ungheria, Malta, Francia, Nuova Zelanda, altri paesi che non ricordo e con la “ASD Samurai Roma”, da me rappresentata, anche l’Italia; un vero Onore!.
Tutti accumunati dalla stessa passione e dalla voglia di riuscire nell’intento il cui unico scopo è quello di unirsi in un unico respiro, in un unico Kiai!
La giornata è bellissima con un cielo ed un mare azzurro, il sole scotta ma la mia voglia di riuscire nell’impresa è più forte. Mi cambio e con passo deciso mi avvio al centro dell’area dove si sarebbe svolto l’evento, stringo forte il nodo alla mia cintura e con un leggero sorrisino sulle labbra, come a sfidare il mio destino, inizio il mio kata. Nahianchi.  Il primo, il secondo e poi il terzo fino al decimo e ancora 20, 30, 50, il sudore aumenta, la stanchezza è tanta, ma la voglia di farcela è più forte, 60, 70 il cervello si annebbia il corpo si muove da solo 80, la mente cede e mi dice smetti ed ancora 85 e poi 90 non ce la faccio più sto per abbandonare,  chiudo gli occhi ma subito dopo li riapro e li socchiudo come quando una tigre sta per saltare sulla sua preda;  95,96,97,98,99, 100 ed un kiai come mai lo avevo fatto in vita mia si somma a quello degli altri. Ce l’ho fatta. Mi siedo a terra, alzo lo sguardo al cielo e sorrido. Un’altra pagina della mia vita di karateka e di uomo è stata scritta.
Beh qui mi corre l’obbligo, ma è per me un piacere, di ringraziare il mio Maestro Tiziano Giannone che mi ha sempre incoraggiato a fare e mi ha anche migliorato nell’eseguire il kata Naihanchi.
Il secondo evento che avevo programmato ad Okinawa è stata una lezione con il Sensei Onaga Yoshimitsu. Per chi non lo conoscesse (c’è ampia evidenza su You Tube) questo Maestro è uno dei pochi 10° Dan viventi sull’isola ed è il portatore della forma più vera ed antica di quello che successivamente fu chiamato karate. Il TI.
Un giorno vidi, proprio su You Tube , un filmato che riprendeva Sensei Onaga mentre parlava del TI e di come ci si allenasse utilizzando strumenti antichi come il makiwara per irrobustire le proprie armi naturali come mani e piedi ma soprattutto per allenare gli spostamenti del corpo unitamente ai colpi da portare. La potenza che veniva dimostrata era fantastica così come seducente era la filosofia che il Sensei dava del TI.  Dovevo vederlo e provarlo di persona. E così è stato. Grazie alla mediazione di Jimmy Mora, rappresentante  negli Usa dello Shinjinbukan (questo è il nome della scuola del Sensei Onaga) ho ottenuto  l’autorizzazione a  partecipare ad una sua lezione.
L’appuntamento è fissato per il 26 ottobre alle 19 presso l’ Okinawa Karate Kaikan. Questo è una specie di palazzetto dello sport dedicato esclusivamente alla pratica del karate, con annesso un museo storico e sale conferenza. Tutto in legno dove antico e moderno si fondono per dar vita ad un'unica sensazione. La sacralità del karate è evidente. Arrivo presto, un po’ agitato per l’incontro. Dopo pochi minuti vedo arrivare un ragazzone che mi dice che il Sensei mi sta aspettando. Pochi passi e finalmente vedo quel maestro che fino a quel momento avevo visto solo tramite un computer.
Persona anziana, occhi quasi chiusi, gesti lenti. Mi avvicino e lo saluto con un profondo inchino, mi presento con le mie poche parole di giapponese.
Siamo in una sala molto grande, tutta in legno e con delle porte scorrevoli caratteristiche dei dojo giapponesi. Prima di farmi cambiare il Sensei mi ha letteralmente fatto il quarto grado per sapere  chi mi avesse mandato, perché ero lì, cosa volessi da lui. Ho cercato di trasmettergli le mie motivazioni ricorrendo a tutti i miei concetti marziali. Esame superato la lezione ha inizio. Solito riscaldamento con flessioni sulle nocche. Allenamento al makiwara con insegnamento sulla tecnica da usare. Come muoversi nell’eseguire le tecniche di TI.  Perché e come l’arte marziale di Okinawa conosciuta con il nome di TI non è stata trasmessa completamente al Karate giapponese.
A fine lezione sono state spente le luci e nella penombra della stanza il Sensei mi ha rivolto ancora delle domande alle quali ho risposto cogliendo in Lui un senso di soddisfazione e condivisione… la forza del Budo!
Penso di aver terminato la mia lezione e mi avvio ai saluti di rito quando uno dei due ragazzi presenti mi dice, come se fosse una cosa rara e di grande onore per me (ed in effetti lo sono) che prima di andarsene il Sensei vuole bere qualche cosa con me. Accetto di buon grado e dopo poco ci ritroviamo seduti in un locale davanti ad un bicchiere di the.
Il Sensei riprende a parlarmi del TI e del Karate facendo anche dei disegni e scrivendo annotazioni varie su un foglietto di carta che alla fine mi consegna dicendo di non dimenticare le sue parole. Ci salutiamo, ci guardiamo negli occhi con reciproco rispetto. Sappiamo entrambi che quasi certamente non ci rivedremo più.
Mi inchino e ringrazio… la lezione, ora si, è veramente finita.
Arriviamo al 28 ottobre. Ultimo evento in programma il Karate day. Questa volta è una festa. Non c’è tensione non ci sono obiettivi da raggiungere. Essere li è come raccogliere con serenità la coppa da vincitore. Uno spettacolo mai visto. La strada Kokusari dori è completamente bianca. Sono i karategi di migliaia di persone che hanno invaso la strada. Raggruppati per dojo eseguono kata e kihon diversi. Io mi intrufolo nel dojo di un ragazzo che avevo conosciuto in occasione dei 100 kata ed eseguo con loro qualche tecnica, ma è più che altro un modo per essere li e festeggiare il “Karate day”.
La stanchezza del viaggio è arrivata, la malinconia per la mancanza dei miei affetti più cari inizia ad intristirmi. E’ ora di tornare a casa.

Maurizio

P.S. Per chi fosse interessato il prossimo viaggio è previsto nell’autunno 2019.

 
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